Confindustria Livorno Massa Carrara
News
Sicurezza, Qualità e Ambiente
Login
Esci

Emergenza Covid-19 e infortuni: obblighi per i datori di lavoro

 

Premessa

Il Decreto Liquidità è stato convertito in legge. All’art. 29bis è presente la norma che definisce gli obblighi (e le conseguenti responsabilità) dei datori di lavoro per la tutela contro il rischio di contagio da COVID-19.
Il Decreto Cura Italia aveva introdotto la qualificazione del contagio da COVID19 come infortunio avvenuto in occasione di lavoro, con conseguente erogazione delle prestazioni Inail.
La norma aveva immediatamente scatenato una serie di polemiche, incentrate su:

Sul primo versante, la Corte costituzionale si è già pronunciata escludendo – all’epoca, con riferimento alla malaria – che il rischio non professionale possa rientrare nella tutela Inail.
Per configurare l’occasione di lavoro e la causa violenta che legittimano il riconoscimento dell’infortunio sul lavoro, è evidente che, al di fuori del settore ospedaliero o sociosanitario, il fattore COVID19 è presente più nell’ambiente esterno che nel luogo di lavoro, escludendo, anche l’occasione di lavoro.
Per il secondo aspetto, attinente ai profili di responsabilità, Confindustria ha sollecitato immediatamente sia una precisazione da parte dell’Inail sia l’emanazione di una norma che riferisse puntualmente l’eventuale responsabilità alla mancata osservanza del Protocollo, in luogo del consueto rinvio all’art. 2087 cod. civ.

La proposta di Confindustria

La proposta di Confindustria faceva riferimento:

Il testo elaborato in sede parlamentare ha fatto comunque espresso riferimento all’art. 2087 cod. civ., assegnando al Protocollo la precisa funzione di prendere il posto dei contenuti indeterminati della norma civilistica, in linea con la portata che Confindustria intendeva assegnare al Protocollo.
Le imprese non hanno evidentemente responsabilità nella presenza del virus, dunque non occorre uno scudo penale quanto, piuttosto, la indicazione puntuale di quali debbano essere gli obblighi dell’azienda nella attuale situazione di emergenza.

Le regole cautelari che indicano con precisione le modalità ed i mezzi necessari sono individuate nel Protocollo e si sostituiscono a norme che attribuiscono compiti senza individuare le modalità di assolvimento degli stessi.

L’ambito oggettivo di riferimento

La disposizione è evidentemente limitata alla finalità del contenimento del virus. Mancando un preciso riferimento temporale, l’efficacia della disposizione potrà eccedere anche la fine del periodo di emergenza dichiarato dal Governo, ma l’assolvimento degli obblighi presenti nei protocolli è riferito esclusivamente all’ambito delle azioni per il contenimento del COVID19.

Art 29bis

L’articolo introdotto nel Decreto Bilancio afferma che “i datori di lavoro pubblici e privati adempiono all’obbligo di cui all’articolo 2087 del codice civile mediante l’applicazione delle prescrizioni contenute nel protocollo”: si ritiene che al termine “applicazione” possa ricondursi la medesima logica, propria dei modelli di organizzazione e gestione, della “adozione ed efficace attuazione”.

La stessa norma fa espresso riferimento alla adozione ed al mantenimento delle misure previste nel Protocollo, così valorizzando il ruolo del Comitato e sollecitando il datore di lavoro a rappresentare nel Protocollo anche le progressive modifiche e integrazioni che dovessero essere necessarie nel corso del tempo.

Anche il profilo sanzionatorio presuppone che il mancato rispetto dei contenuti dei protocolli “non assicuri adeguati livelli di protezione”, guardando, anche in questo caso, non ad una adozione meramente formale del Protocollo, ma alla efficacia della sua attuazione.

L’introduzione della norma apre una situazione che:

A ciò si aggiunga l’incertezza della scienza, che rende impossibile avere la esatta cognizione di quale sia il comportamento cautelare realmente efficace ed il continuo modificarsi delle soluzioni proposte (in tema di distanze, di test, di mascherine, di organizzazione, etc.) rende impossibile individuare la misura realmente adeguata (quella richiesta dalla cd. massima sicurezza possibile).

Il rapporto con il D.lgs. n. 81/2008

La norma non richiama il D.lgs. n. 81/2008, nell’evidente presupposto che esso rimane pienamente in vigore e se ne dovranno continuare ad applicare le disposizioni. Il Protocollo, in effetti, non supera o modifica le norme ordinariamente vigenti ma individua le misure idonee per far fronte al virus, restando al di fuori del quadro normativo disegnato dal D.lgs. n. 81/2008.

Resta confermata, per quanto vi siano voci discordanti, l’esclusione dell’obbligo di valutazione dei rischi. Il rischio derivante dal COVID19 non rientra tra quelli che possono costituire oggetto di valutazione, perché non è riconducibile all’attività del datore di lavoro. Si tratta di un rischio non riconducibile all’attività e ai cicli di lavorazione e non rientra nella concreta possibilità di valutarne con piena consapevolezza tutti gli aspetti gestionali, in termini di eliminazione alla fonte o riduzione dello stesso, mediante l’attuazione delle più opportune e ragionevoli misure di prevenzione tecniche organizzative e procedurali tecnicamente attuabili.

Si conferma l’esclusione di un obbligo di aggiornamento del DVR, ritenendo sufficiente che il Protocollo costituisca un addendum al DVR stesso.

Sarà opportuno che il Protocollo rappresenti compiutamente il nuovo quadro organizzativo aziendale, aggiornato alle esigenze di sicurezza determinate dalla situazione di emergenza, quale supporto al personale ispettivo nella verifica della corretta ed efficace applicazione del Protocollo stesso.

La responsabilità civile e penale

Sia sul piano civile che penale, l’analisi delle responsabilità non potrà che partire dal rispetto dei due complessi normativi: D.lgs. 81/2008 e Protocollo.

Sul piano civile, la prova liberatoria a carico del datore di lavoro è data dal rispetto del Protocollo.

Sul piano penale, le prescrizioni del Protocollo (come specificate in relazione alle peculiarità aziendali) rappresentano le regole cautelari modali alle quali fare riferimento per il pieno adempimento degli obblighi penali (ai fini delle azioni di contrasto al COVID19).

La responsabilità sul piano assicurativo

Se si fosse lasciato il rischio da COVID19 al suo naturale alveo della malattia comune (quale rischio generico), non sarebbe scattato il presupposto (il collegamento occasionale con il lavoro) che introduce la base logico-giuridica per fondare una responsabilità del datore di lavoro.

L’esposizione ad un rischio reso aggravato o specifico dal lavoro, quale oggi è considerato il virus da COVID19, ed il conseguente contagio, accertato dal medico legale Inail, introducono un collegamento che può porre la base per l’avvio di una azione di responsabilità civile o penale, nella quale l’analisi della colpevolezza si fonda sull’esistenza dell’ampio obbligo di prevenzione e sulla omissione colpevole da parte del datore di lavoro.

Il contrasto alla diffusione della malattia comune non costituisce normalmente obbligo del datore di lavoro, ma quando questa assume natura professionale perché (ritenuta) connessa al lavoro (anche dal solo legame occasionale), rientra nella sfera della prevenzione in relazione al quale opera l’assicurazione.

La qualificazione come infortunio, l’ampiezza degli obblighi dell’art. 2087 cod. civ. e, ancor di più, l’improprio inserimento del COVID19 nell’alveo dei rischi generano il fondamento per l’estensione degli obblighi prevenzionali e delle conseguenti responsabilità omissive datoriali.

La norma, dunque, limita l’ampiezza dell’obbligo attraverso il riferimento al Protocollo: nonostante il riconoscimento dell’infortunio, quindi, l’osservanza del Protocollo esclude la responsabilità civile e penale.

L’adempimento del protocollo

L’impresa deve recepire scrupolosamente i contenuti del Protocollo secondo le proprie caratteristiche, adempiendo integralmente tutte le disposizioni ed assicuri l’aggiornato mantenimento delle misure nel tempo.
In particolare, si ritiene opportuno sottolineare alcuni passaggi:

Potrà risultare utile ricorrere all’ausilio delle check list che alcune Istituzioni hanno elaborato per il controllo del pieno ed efficace adempimento dell’obbligo. In via esemplificativa, si rinvia a quelle della Regione Liguria (clicca qui) o a quelle della ATS di Bergamo (clicca qui), da seguire nelle versioni più aggiornate.


Argomenti
Condividi

Altri articoli di Sicurezza, Qualità e Ambiente

News Correlate

    

Network di Sistema

Ance Massa
Disponibile su:
UP